Il nome di Monsano è la denominazione moderna dell'antica villa e poi Castello. In tempi remoti il suo nome era Musiano, derivato da un bosco ricco di allori nelle sue vicinanze, dove leggenda vuole abitassero le Muse. Col passare del tempo questo nome altamente evocativo fu distorto in Musciano o Mosciano. Il Consiglio di Monsano nel 1863 decise poi, all'unanimità, di cambiare il nome del luogo in Montesano e poi in Mosciano. Le motivazioni addotte a questo cambio furono la salubrità dell'aria, la felice posizione su un Monte e il ritorno al nome originario del comune. La decisione del Consiglio fu approvata nel dicembre dello stesso anno Mosciano divenne Monsano. Anche se non era quello il suo nome antico e di certo non si trovava in cima a un monte.
Una prova scritta dell' esistenza di questo comune in epoca medievale la riscontriamo comunque in un documento della Santa Sede del 1283, in cui Papa Martino IV riconosce la villa di Musiano come appartenente, appunto, all'area sottoposta al comune di Jesi. Perchè villa e non castello? Mancava un particolare che noi diremmo scontato, quasi banale, ma che nel Medioevo era sicuramente tenuto in gran conto. Le mura. Musiano non era cinto da mura, nemmeno un muretto di calcestruzzo, e dunque era da definirsi villa. Il territorio marchigiano apparteneva, in quel tempo, allo Stato Vaticano. Due erano i modi, per le terre della Santa Sede, di essere ad Essa soggette. Si poteva infatti dipendere direttamente dal Vaticano, oppure si poteva dipendere da una città che dipendeva dal Vaticano. Non che tra le due alternative ci fossero molte differenze, in ultima analisi. Nel caso che interessa questa sede, la città di Jesi era direttamente soggetta al Vaticano, mentre l'area intorno a essa (quindi il suo Contado) lo era solo indirettamente. Quindi, all'inizio della nostra storia, ci sono la città di Jesi, soggetta direttamente al Vaticano, e il suo Contado, compreso Monsano.
Nel 1441 è stato stilato il primo catasto completo dell'intero Contado di Jesi. Scorrendo questo importante documento capita di incontrare, tra i possidenti laici, cognomi come ad esempio "Schiavo", "Schiavoni" o "Albanesi", che in realtà non sono affatto di origine marchigiana. E' una delle testimonianze della presenza di genti transadriatiche nel territorio già da qualche tempo. In quegli anni l'impero di Costantinopoli (o Impero Romano di Oriente) era praticamente in rovina: i Turchi lo avevano invaso e saccheggiato e Maometto II non faceva di meglio, tanto che, nel 1453, Costantinopoli cadde in mano ai nemici. Così il popolo balcano decise di rifugiarsi nei territori subito difronte alla madrepatria facendosi artefici del grandioso fenomeno di dissodamento della Vallesina, assieme, a partire da metà del secolo, ai Lombardi. Nel 1471 infatti la città di Jesi emanò un bando in cui si invitavano gli abitanti dell'Italia settentrionale (Lombardi) a recarsi nel Contado, dove sarebbero state assegnate loro delle terre che avrebbero disboscato e posseduto. Della prima ondata di Lombardi insediatasi nell'area di Monsano, si ricordano Giovanni da Pavia e Morello , residente nella villa Calvise. L'opera di dissodamento e disboscamento agricolo. Non solo ebbe il grande effetto di far rifiorire l'agricoltura nel Contado, ma mise a disposizione ingenti quantità di legname, utilizzabile per costruire abitazioni, ma anche per usi cittadini e artigianali. Inoltre fu possibile mettere sul mercato cereali e legumi in maggiore quantità e di migliore qualità, il che, chiudendo il circolo, aumentò nuovamente la rendita dell'agricoltura. Arricchendosi, poi, gli immigrati acquisirono la possibilità di comprare altri terreni e di prendere a loro servizio dei collaboratori; da qui la nascita della civiltà contadina che molto ha significato nel territorio monsanese
Poco prima della primavera dell'anno 1471, un piccolo proprietario terriero monsanese di nome Gregorio, ebbe la ventura di fare uno degli incontri più straordinari nella storia del piccolo paese, e forse dell'intera regione. Nel bosco di lauri sacri, in mezzo agli allori, si dice vagassero gli spiriti delle Muse. O almeno così ci suggeriscono i pochi, ma pregevoli frammenti qui ritrovati nel 1961 da Domenico Albanesi. Certo è che nel XII sec. c'era una chiesetta, S.Maria de Lauriola di cui oggi ancora è visibile il protiro ed una parete laterale e proprio li, una Musa ben più importante per la nostra storia si presentò al nostro Gregorio per chiedere la costruzione di una cappella. Andrea di Bartolo dipinse l'immagine della Vergine secondo la descrizione dei veggenti, ed in uno straordianario affresco li raffigura ai suoi piedi durante il loro meraviglioso.